Santissima Annunziata

Sono sconosciuti gli anni in cui si procedette al ripristino del vecchio edificio; di conseguenza, i limiti cronologici forniti sono quelli della pievania del canonico Michelangelo Serra, alla cui opera il Questionario Corongiu attribuisce la riedificazione dell’edificio. Pur sottoposta a successivi e periodici interventi di restauro (l’ultimo dei quali, rilevante, tra il 1935 e il 1940), l’attuale edificio ha mantenuto la fisionomia architettonica datagli dal pievano bittese all’inizio del Settecento: costruzione in stile barocco, con interno monovanato caratterizzato da quattro campate (di cui una costituita dal presbiterio) e altare rialzato rispetto al piano dell’aula.Descrizione: Il gruppo scultoreo si trova nella nicchia sopra l’altare e raffigura la Vergine inginocchiata con un libro aperto in mano; accanto a lei è collocato l’angelo, anch’esso in legno. Tra le due figure trova posto la colomba, realizzata in vetro. Immagine: Statua
Ubicazione originaria del Santuario: Durante il periodo della novena e della festa gli oggetti preziosi, custoditi durante l’anno dal priore nella cassa del tesoro della Madonna, agghindano il simulacro utilizzato per la processione. Altri ex voto sono posti lungo le pareti interne della chiesa e in sacrestia. Una piccola parte di ex voto sta sulla Madonna anche durante il resto dell’anno. Tre teschi umani sono esposti su un rudimentale ripiano ligneo lungo la parete sinistra della navata: non si conosce il motivo della loro presenza, e neppure la loro provenienza. Note sulla raccolta: Non è possibile fornire date in quanto non ne è consentita la visione; i più antichi, fra gli oggetti tuttora esposti in chiesa, risalgono ai primi anni del Novecento. Tipologia degli ex voto: Oggetti di oreficeria, Figurine antropomorfiche, Protesi vere o rappresentate, Oggetti vari, Fotografie, Altro Conservazione attuale: L’Istituto Superiore Regionale Etnografico conserva 137 pezzi di oreficeria acquisiti nel 1975 e registrati come collezione Pala. Un’altra parte degli oggetti è custodita in parrocchia e all’interno del Santuario.
Non esistono raccolte di miracoli, ma solo miracolosi episodi di guarigioni tramandati oralmente dalla popolazione. Un episodio miracoloso è riportato nel Liber Cronicon della parrocchia di San Giorgio Martire.
Secondo quanto affermato in una tesi di Laurea e nell’opera di Carta-Bonfante (cfr. bibliografia), il santuario sarebbe stato fondato tra il 1580 e il 1585 da Antonio Canopolo negli anni in cui resse la pievania bittese, ma non c’è alcun riscontro documentario. Tale datazione è suffragata dallo storico Giovanni Proto Arca che nell’opera inedita Historia Naturalis et moralis insulae Sardiniae scritta alla fine del ‘500, ricorda l’esistenza della chiesa sottolinendo la copiosa affluenza di fedeli in occasione della festa. D’altra parte, un inventario dei beni della mensa vescovile di Galtellì della fine del ‘400, non fa alcuna menzione e della chiesa. La leggenda di fondazione del santuario dell’Annunziata coinvolge anche la Madonna di Gonare, secondo tradizione ritenute sorelle; insieme percorrevano a piedi i territori fra Lodè e Bitti, fino a quando, giunte presso un’amena vallata compresa fra le alte montagne, l’Annunziata, colpita dalla bellezza del luogo, decise di fermarsi lì e percorso il declivio, giunse in basso, al fondo valle. Là rimase per tanti anni, fino a quando un bandito trovò il simulacro fra la folta vegetazione e vi edificò la chiesa, che subito divenne meta di pellegrinaggi da parte della popolazione. La Madonna di Gonare invece, a cui non piaceva stare in basso, proseguì il cammino finchè non vide all’orizzonte la cima conica di una montagna che si elevava al di sopra delle altre e lì si recò e fece in modo che vi si edificasse la propria dimora. Non è una leggenda di fondazione, ma popolarmente esiste una tradizione che fa risalire l’edificazione della chiesa all’opera del Comune di Pisa, durante i secoli del dominio pisano sulla Gallura. 1580-1588: edificazione del primitivo santuario; 1724-1736: riedificazione del santuario; 1802 Pio VII concede l’indulgenza in Perpetuum; 1935-1940: rilevante intervento di restauro. Il Questionario Corongiu (anno 1777) informa che il santuario possiede indulgenza plenaria limitata ai giorni di festa; nel 1804 Pio VII concesse indulgenza plenaria in perpetuum per tutti coloro che avessero visitato la chiesa. La data indicata fa riferimento alla prima attestazione dell’esistenza della chiesa, che fin dalla sua edificazione fu sempre giurisdizionalmente sottoposta alla parrocchiale di San Giorgio. Tale mansione è stata sempre svolta dal parroco di San Giorgio Martire. Si tratta di un priorato composto da sei famiglie, tutte bittesi e presieduto dal pievano, che ricopre il ruolo di presidente. Il compito dei priori è la conduzione e l’amministrazione di tutto il complesso culturale e del terreno circostante. Il pievano don Diego Meloni, poichè l’istituto era aspramente conteso fra la popolazione, al fine di stabilire l’ordine e dirimere varie controversie, creò un compatronato composto da tre rami familiari rigorosamente bittesi: quello delle famiglie Brio-Parzeche, Asproni, Carai; quello della famiglia Sogono; quello della famiglia Brunengo. In anni più recenti il numero delle famiglie si è attestato a 15 (di cui tre di Gonofai). L’istituto è trasmissibile per eredità o si acquisisce con l’ingresso in una famiglia che già ne fa parte. Il ruolo del priore è quello di organizzare i festeggiamenti e amministrare i beni del santuario, di cui rende conto al vicario foraneo: al tal proposito è bene rammentare che esiste uno sdoppiamento dei ruoli, poichè al capo priore, che si occupa dell’organizzazione della festa e della conduzione dei beni della chiesa (proprietà terriere, capi di bestiame, soldi della questua) si affianca la figura del contabile talvolta detto amministratore, talaltra depositario o procuratore, al quale era materialmente affidato il compito di tenere la cassa e presentare i conti. Si tratta di un patronato di cui sappiamo dal Questionario di Corongiu: era detenuto dalle famiglie bittesi dei Murru, dei Pisano, dei Deledda e degli Attene, tutte di estrazione rigorosamente agro-pastorale. In seguito fu trasmesso agli eredi. La mancanza di ulteriori riscontri temporali sull’istituto rende problematico ogni tentativo di fissare date sicure. In ogni caso, se a metà del secolo XVIII erano già operanti in qualità di compatroni gli eredi delle famiglie indicate, per deduzione è verosimile anticipare almeno di un secolo l’affermazione dell’istituto. Gli eredi delle famiglie Murru, Pisano, Deledda e Attene (cui si aggiunsero altre famiglie di pastori e massai) si occuparono fino al 1821 di organizzare i festeggiamenti e d’amministrare i beni della chiesa, di cui rendevano conto al vicario foraneo.

08021 Bitti NU, Italy


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