In una fase successiva, nella seconda metà del X secolo o agli inizi dell’XI, sulla grotta viene costruita una chiesa di piccole dimensioni, ad aula unica absidata, con doppio ingresso e preceduta da un ambiente approssimativamente quadrato. Gli elementi fondali di questa chiesetta sono stati individuati nella prima metà dell’aula dell’attuale chiesa. Nel corso dell’XI secolo o agli inizi del XII, viene ampliato il cenobio e viene costruita una nuova chiesa, planimetricamente identica ma quasi il doppio rispetto a quella precedente, anch’essa ad aula unica e absidata. La copertura è con tetto a due falde di legno. Vengono inoltre realizzati alcuni affreschi di cui rimangono oggi pochi lacerti: nell’abside, in particolare, vengono dipinte una Deesis e la Comunione del pane e del vino. A questa fase risalgono la creazione del corridoio di accesso alla grotta, la sistemazione della grande scala che scende sul fondo della cripta e la costruzione della torre-campanile a scopi difensivi.
Intorno alla secondaDescrizione: Dipinto su legno del 1532. L’Arcangelo Michele è raffigurato all’interno di un ampio registro compreso tra altri riquadri. Ai lati dell’Arcangelo sono raffigurati a destra S. Gregorio Magno ed a sinistra S. Benedetto. Ai piedi dei due patriarchi sono inginocchiati altre due figure individuabili la prima in Antonio Sanseverino e la seconda in Ugo III Sanseverino che indossano l’abito benedettino. Nella predella del polittico è raffigurata l’Ultima cena suddivisa in tre tavole dipinte. Negli altri registri sono dipinte le immagini di S. Lucia e S. Donato ed una scena relativa alla natività di Gesù, mentre nella cimasa è raffigurato il Padreterno tra due angeli. Una serie di iscrizioni, delle quali alcune comprese in cartigli, identificano i personaggi raffigurati nel polittico. L’opera è attribuita a Simone da Firenze. Il polittico è stato conservato fino alla soppressione del monastero (inizi secolo XIX) nella chiesa abbaziale di S. Angelo, per essere successivamente trasferito nella parrocchiale di S. Chiri Entrata in uso: tra l’anno 1500 e l’anno 1550 Immagine: Dipinto
Raccolta di ex voto: Dato non disponibile
La grotta dedicata all’Arcangelo è attestata già nel X secolo. Il documento più antico sulla sua esistenza è costituito dalla vita del monaco siculo-greco Vitale da Castronuovo nella quale si narra che il santo, dopo aver fondato a Roseto Capo Spulico il monastero di S. Basilio, raggiunse il monte Raparo dove pervenne ad una grotta dedicata all’Angelo (AA.SS., Mart. II, 28). In quel sito san Vitale dimorò per un certo tempo dedicandosi a pratiche ascetiche. Successivamente il santo si recò nella zona fra Turri ed Armento dove incontrò san Luca di Armento. Tutto ciò avvenne con tutta probabilità prima del 984, l’anno cui si fa comunemente risalire la morte di san Luca. La devozione popolare si perpetua sino al secolo XIX. L’abbandono del culto va probabilmente di pari passo con l’avanzare dello stato di abbandono e di degrado della struttura, già evidenti agli inizi del XX secolo.
Anticamente in occasione della festa si svolgeva una ricca fiera.
Tra il 1291 ed il 1308 il monastero annesso al santuario passa all’ordine benedettino fino a quando, agli inizi del XV secolo, viene dato in commenda.
In un documento del 1255, concernente l’elezione del nuovo abate Romano, l’abbazia è detta pertinente direttamente alla chiesa di Roma.
Nella seconda metà del X secolo San Vitale da Castronuovo dimora per un certo tempo nella grotta. In epoca imprecisata nel luogo si costituisce una comunità di monaci italogreci che probabilmente, agli inizi del 1168 viene sottoposta al monastero dei SS. Elia e Anastasio di Carbone: un privilegio di Guglielmo II del gennaio 1168, infatti, attribuisce all’ igùmeno di Carbone Bartolomeo il potere archimandritale su di un vasto territorio che da Salerno scende a Melfi e poi, seguendo il corso del Bradano, arriva a Torre di Mare, scende sino a Roseto Capo Spulico, rientra nell’interno, si ricollega alla costa tirrenica e risale sino a Salerno.
Tra il 1291 ed il 1308 passa all’ordine benedettino.
Nella seconda metà del X secolo San Vitale da Castronuovo dimora per un certo tempo nella grotta. In epoca imprecisata nel luogo si costituisce una comunità di monaci italogreci che probabilmente, agli inizi del 1168 viene sottoposta al monastero dei SS. Elia e Anastasio di Carbone.
Agli inizi del XV secolo, forse nel 1417, il monastero viene dato in commenda. Nel sec. XVIII diventa di patronato regio. In uno stato delle chiese di regio patronato della Basilicata recante la data del 28 maggio 1849, risulta essere stato aggregato al seminario di Ischia.
Tra il 1291 ed il 1308 passa all’ordine benedettino.
In un documento del 1255, concernente l’elezione del nuovo abate Romano, l’abbazia è detta pertinente direttamente alla chiesa di Roma.
Nella seconda metà del X secolo San Vitale da Castronuovo dimora per un certo tempo nella grotta. In epoca imprecisata nel luogo si costituisce una comunità di monaci italogreci che probabilmente, agli inizi del 1168 viene sottoposta al monastero dei SS. Elia e Anastasio di Carbone: un privilegio di Guglielmo II del gennaio 1168, infatti, attribuisce all’ igùmeno di Carbone Bartolomeo il potere archimandritale su di un vasto territorio che da Salerno scende a Melfi e poi, seguendo il corso del Bradano, arriva a Torre di Mare, scende sino a Roseto Capo Spulico, rientra nell’interno, si ricollega alla costa tirrenica e risale sino a Salerno.
85030 San Chirico Raparo PZ, Italy
Sant`Angelo al Raparo
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