Non è possibile ricostruire la tipologia architettonica della chiesa di Sant’Egidio, che oggi non esiste più, ma è possibile descrivere i resti di quello che la tradizione popolare indica come l’eremo di San Falco: al corpo centrale, dell’altezza sul fronte di circa sei metri, seminterrato nei lati e completamente interrato sul retro, si addossano, perpendicolarmente, due muri lunghi sette metri, che formano un corridoio largo poco più di due. Il corridoio conduce ad un piccolo tunnel, con cornice in laterizio, che penetra nell’edificio. Il riempimento totale del corpo centrale non permette di fornire ulteriori notizie sulla planimetria, ma un enorme dosso posteriore rivela l’esistenza di macerie consistenti, dovute forse al crollo dell’edificio. Considerando la sua base scarpata, di semplice planimetria, se ne deduce che poteva trattarsi della piccola torre dell’abitato: essa, infatti, è collocata sulla sommità della collina boscosa.Entrata in uso: tra l’anno 1200 e l’anno 1299 Reliquia: Ossa, Tessuto
Raccolta di ex voto: Dato non disponibile
Oltre alle notizie riportate dall’erudito locale del XVIII secolo, Anton Ludovico Antinori, nella Corografia…, 1886, esiste un Compendio della vita e miracoli del glorioso San Falco eremita, protettore della città di Palena, scritto nel 1847 da un certo Cesare Falcocchio.
Il culto di San Falco risale almeno al XIII secolo: il popolo, inizialmente, venerava il corpo del Santo nella parrocchiale di Sant’Egidio Abate, dove egli era stato sepolto, ma nel 1383 il vescovo di Sulmona, Bartolomeo De Scalis, esortato da Giovanni, conte di Manoppello e signore di Palena, decise di riunire la chiesa di Sant’Egidio alla matrice di Sant’Antonino Martire di Palena. Il culto fu praticato nella chiesa matrice di Palena in seguito a tale aggregazione, che dovette essere molto lenta dal momento che, nel 1406, la parrocchiale di Sant’Egidio risultava ancora esistente.
Secondo la tradizione, ricordata dall’Antinori come pure da Cesare Falcocchio, il gruppo dei Sette Santi Eremiti, proveniente dalla valle dell’Aventino, di cui faceva parte anche San Falco, alla morte di San Nicolò Greco, suo capo spirituale, decise di separarsi poiché ognuno rifiutava di prenderne la carica. San Falco si diresse verso Palena, forse con l’intento di superare il Guado di Coccia, ma, giunto a Villa Sant’Egidio, una piccola frazione poco sopra il paese, vinto dalla stanchezza, fu costretto a fermarsi. In seguito, decise di trattenervisi e si fece apprezzare dalla popolazione locale per le sue doti di carità e per il potere taumaturgico di guarire gli indemoniati. Morì il 13 gennaio di un anno imprecisato e il suo corpo, tra la pubblica venerazione, fu seppellito nella parrocchiale di Sant’Egidio Abate.
Il giorno della morte di San Falco la campanella del suo eremo suonò da sola, miracolosamente, chiamando a raccolta tutti i paesani. Secondo lo storico palenese Mario Como (Palena…, 1977), il suo corpo, ancora oggi, esala profumi soavi.
L’Antinori (Corografia…, 1886) ricorda che l’immagine di San Falco, con il demonio giacente ai suoi piedi, fu effigiata su numerosi santini che riportavano, in basso, anche antifona, responsorio ed orazione specifica da recitare per il Santo: questi furono diffusi in Abruzzo e fuori regione.
Nel 1291, il Vescovo Valvense concesse 40 giorni di indulgenza a chi visitasse la chiesa di Sant’Egidio in tempi prestabiliti, tra cui la festa di San Falco.
66017 Palena CH, Italy
San Falco (eremo)
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