Santa Maria dello Scoglio Rotondo

La struttura architettonica è composta dalla chiesina a navata unica coperta da volta a crociera costolonata, nucleo originale del santuario rurale e da una piccola sagrestia con adiacente fabbricato oggi utilizzato dai santesi per le necessità della festa, anticamente residenza del custode.Descrizione: Il dipinto (realizzato direttamente sulla roccia), situato sopra l’altare maggiore dell’edificio religioso, raffigura la Vergine a mezzo busto che sorregge il Bambino con il braccio sinistro mentre con il destro gli sostiene le gambe. La Madonna è vestita con una tunica rossa coperta da un manto blu, mentre il bambino, che presenta il volto rivolto verso lo spettatore, indossa una tunica bianca e un mantello color oro. Le due figure, entrambe vistosamente coronate, sono in uno stato di forte degrado ed è impossibile fornire una datazione orientativa del dipinto originario a causa della pressoché integrale ridipintura subita dall’immagine nel restauro del 1983 Immagine: Dipinto
Ubicazione originaria del Santuario: Numerosi ex voto si conservano ancora all’interno del santuario (anche se una buona parte ne è andata perduta negli anni). Tipologia degli ex voto: Tavolette o lamine con iscrizioni, Tavolette dipinte, Oggetti di oreficeria, Oggetti vari, Fotografie

La prima storia a stampa del santuario in nostro possesso, risalente alla fine del XVIII secolo (ma redatta sulla base di un precedente manoscritto dell’arciprete Dionisi) fissa la costruzione del primo santuario vero e proprio al 1647. Alcuni anni prima era stata dipinta sul luogo l’immagine della Vergine per volontà del facoltoso Giovanni Pietro Lelli, liberato dalla malattia grazie ad una miracolosa epifania della Madonna (vedi Leggenda di Fondazione). I parroci locali e la diocesi di Spoleto favorirono il culto della Madonna dello Scoglio, che ricevette cospicue donazioni anche da parte dei fedeli locali (come testimoniato dagli inventari dei beni del santuario conservati nell’archivio parrocchiale). Dopo la parentesi napoleonica 1799-1812, la devozione mariana trasse nuovo slancio dalla costituzione a Casteldilago della Confraternita della Madonna SS. del Carmine, autorizzata dall’arcivescovo di Spoleto Ancajani il 28 novembre 1826. Con le soppressioni postunitarie i beni del santuario e il suo potere ‘attrattivo’ si ridimensionarono sensibilmente ma il culto per la Vergine dello Scoglio non si è mai spento fra le popolazioni locali. A tutt’oggi i santesi, organizzati in un “Comitato dei festeggiamenti della Madonna dello Scoglio “, composto da 10 famiglie ed eletto a rotazione con incarico triennale dalla parrocchia di San Valentino, si occupano della cura del santuario, della manutenzione degli edifici dell’organizzazione della festa secondo lo schema rituale ormai consolidato. La leggenda, narrata in un manoscritto dell’arciprete Don Ignazio Dionisi, stampato poi alla fine del XVIII secolo a Terni da don Giacomo Pastorelli con il titolo di “Istoria della Beata Vergine dello Scoglio” , racconta che un giovane pastore Giampietro Lelli o Giovanni Pietro Lella (in realtà individuato dalle fonti come un facoltoso abitante di Casteldilago, la cui famiglia si trovava allora in possesso del colle ove poi sorse il santuario), dopo essere stato salvato dalla morte per intercessione della Vergine, ebbe una visione in cui la Madonna gli comunicava di voler risiedere “presso lo Scoglio Rotondo” di Colle Ranaldo e gli ordinò di dipingere la sua immagine presso lo scoglio stesso. Dopo l’epifania, il giovane si recò a chiedere consiglio presso un “chiostro”, probabilmente il vicino convento di San Francesco, dove uno dei frati gli consigliò di compiere il volere della Vergine: si rivolse ad un noto pittore di Terni (rimasto anonimo) che, forse perla grande scomodità del luogo, montò l’impalcatura in un luogo differente da quello prescelto dalla Madonna. Il crollo del ponteggio avvenuto il giorno seguente in seguito ad una forte folata di vento, fece decidere il Lelli a far eseguire il dipinto nel luogo esatto indicato dalla visione, ossia sull’aspra parete dello scoglio roccioso. I lavori furono accompagnati da vari prodigi, sicuri testimoni della benevolenza mariana: il nipote del committente precipitò dallo scoglio restando miracolosamente illeso, sgorgò una fonte (la cui cisterna tuttora si conserva presso il santuario) per alleviare la sete dei lavoratori, un gregge venne liberato da una pericolosa epidemia, etc. Si tramanda anche un’altra variante della leggenda di fondazione: un nobiluomo di Casteldilago sarebbe stato ferito dall’esplosione del suo fucile durante una battuta di caccia in quella zona e in punto di morte, dopo aver invocato la Vergine, sarebbe miracolosamente guarito. In riconoscenza per la grazia ricevuta il nobile avrebbe fatto dipingere l’immagine della Vergine sulla roccia e costruire un’edicola per proteggerla. A questo punto le due leggende si fondono. Il 5 luglio del 1829 l’arcivescovo di Spoleto Mastai concesse in perpetuo a tutti quelli che recitassero sette Ave Maria davanti all’immagine della Madonna dello Schioppo 40 giorni di indulgenza. Sin dall’origine il parroco di San Valentino si occupava della cura del santuario, affiancato nel compito dai santesi. A partire dal secondo decennio del XIX secolo venne istituita una confraternita del Carmine che collaborò alla cura del santuario.

05031 Casteldilago TR, Italy


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