Descrizione: La statua fu scolpita, in legno di olivo selvatico, nel secolo XIII e raffigurava Cristo seduto in trono con il libro del Vangelo nella mano sinistra e con la destra benedicente. Tale raffigurazione ebbe la durata di tre secoli. In seguito al diffondersi della devozione per S. Matteo alla fine del 1500, la statua, con opportuni ritocchi, venne trasformata in quella dell’apostolo: sul libro vennero riprodotti i versetti del cap.9 del Vangelo di Matteo (il racconto della vocazione di Matteo) e la data 1596, nella mano destra venne applicata una penna. Entrata in uso: nell’anno 1596 Immagine: Statua Reliquia: Ossa
Tipologia degli ex voto: Tavolette o lamine con iscrizioni, Tavolette dipinte, Oggetti di oreficeria, Figurine antropomorfiche, Protesi vere o rappresentate, Oggetti vari, Fotografie Conservazione attuale: Nella Galleria dei Benedettini che, insieme alla sacrestia e alla sala delle confessioni, costituisce il museo del santuario. Rinvio a pubblicazioni o descrizioni a stampa: Annamaria Tripputi, Le tavolette votive del Santuario di San Matteo in San Marco in Lamis, (Collana di monografie pugliesi 3), Schena Editore, Fasano di Puglia 1981.
Le raccolte di miracoli sono attestate nella ricca serie di tavolette votive conservate nel santuario.
Il convento di san Matteo occupa una posizione strategica nella valle dello Starale, tra Borgo Celano, S. Marco in Lamis e S. Giovanni Rotondo. Probabilmente fu fondato dai Longobardi nell’VIII secolo con il titolo di s. Giovanni de Lama e con la funzione di ospizio per i pellegrini che si recavano al santuario di S. Michele a Monte S. Angelo percorrendo la cosiddetta via sacra Langobardorum. Fu edificato nell’area dell’antica Pirgiano dove nel VI secolo sorgeva un tempio dedicato a Giano che si vuole in epoca cristiana assimilata a S. Giovanni Battista. Fino al 1000 non si possiedono documenti certi relativi all’esistenza dell’abbazia. Le prime testimonianze documentarie risalgono all’inizio dell’XI secolo e attestano l’esistenza di proprietà connesse all’abbazia. In epoca bizantina i possedimenti del monastero si estendevano più o meno dall’attuale territorio di San Giovanni Rotondo fino a San Marco in Lamis, inglobando anche alcune terre relative alla zona di Rignano. In epoca nomanno-sveva tali possedimenti si ampliarono ulteriormente. Nel primo ventennio del XIII secolo si aprì invece la prima fase di decadenza. La crisi ebbe inizio con alcuni episodi di indisciplina alla regola da parte dei monaci e culminò nel 1234 con un episodio di ribellione. Nel 1271 Carlo I d’Angiò donò l’abbazia al figlio primogenito; l’abate di s. Giovanni de Lama beneficiava solo teoricamente dei suoi possedimenti, in quanto le rendite erano destinate al titolare del donativo. Nel secolo XIV si registrano due mutamenti: la nuova denominazione, S. Giovanni in Lamis, e il passaggio ai monaci cistercensi. Verso la metà del XVI secolo il monastero venne affidato alle cure dei francescani per evitarne la completa rovina (a. 1578). Con l’arrivo dei frati minori i possedimenti e le attività economiche del convento registrarono una incentivazione che si mantenne intatta fino alla fine del XVII secolo. Alla fine del XVI secolo il convento mutò titolo e venne dedicato a San Matteo, non è accertato se in conseguenza del passaggio ai francescani, o se per una preesistente circolazione del culto dell’evangelista contestualmente a quello di S. Giovanni. Non si hanno infatti notizie certe circa la data precisa del cambio di denominazione: nel 1587 il cronista Francesco Gonzaga riferisce che il monastero veniva denominato S. Giovanni o San Matteo, come pure risulta con certezza che al tempo del Gonzaga fossero già presenti nella chiesa l’altare e la statua di San Matteo. Si è ipotizzato che l’introduzione del culto di San Matteo sia da riferire ad un’epoca precedente l’avvento dei francescani, il cui arrivo nel santuario è anteriore di soli nove anni alla cronaca del Gonzaga. Agli inizi del 1700 si aprì per San Matteo un lungo periodo di crisi, in seguito alla politica giurisdizionalistica borbonica contro gli ordini monastici. Nel 1867 il convento fu acquisito dal Comune di San Marco in Lamis; nel 1939 il santuario fu restituito il convento ai francescani. Da quel momento, fino ai giorni nostri, il santuario ha ripreso il suo ruolo attivo nell’ambito della Capitanata e in quello della Provincia monastica dei Frati Minori di Puglia. Nel 1578, con una convenzione firmata dall’abate commendatario Vincenzo Carafa e dal ministro provinciale dei Frati Minori, P. Luigi da Nola, assunta e legittimata dal Breve di Gregorio XIII del 14 aprile 1578, il vecchio monastero fu affidato ai Frati Minori Osservanti della Provincia di Sant’Angelo in Puglia. Il 7 giugno 1327 l’amministrazione di tutti i beni della Badia di S.Giovanni in Lamis vennero affidati al cardinale Matteo Orsini, arcivescovo di Siponto, eletto per l’occasione abate commendatario. Con la bolla di Clemente V del 20 febbraio 1311 l’abbazia di S.Giovanni in Lamis, perduta la sua autonomia, venne aggregata tamquam filia a quella cistercense di S.Maria di Casanova, in diocesi di Penne. L’istituto dell’abate commendatario terminò nel 1782 quando il beneficio abbaziale venne dichiarato di Regio Patronato e l’abate commendatario fu privato di ogni giurisdizione.

Contrada San Matteo, 71014 San Marco in Lamis FG, Italy


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